Non saprei.

Ricordo i miei sedici anni e la gita scolastica a Pompei. Monumenti pochi, tanta inutile strada. Eravamo sempre sull’autobus, divisi dall’eterno cliché del “chi suona la chitarra è l’unico che non pomicia!”. Per mia fortuna pomiciavo eccome, e avevo con me la mia chitarra. I brani più “richiesti” erano firmati Ligabue, che in quell’ultimo scorcio di anni ’90 diventava una sorta di Battisti post litteram. Ricordo quanto mi faceva cacare Non è tempo per noi, ma quanto invece piaceva ai miei coetanei. Della tizia dell’epoca ricordo solo le tette grandi, perché non facevo altro che toccargliele. Non ricordo il colore dei suoi occhi o dei suoi capelli. Era una specie di bionda, mi pare, forse castana.

Arrivammo a Pompei, e dopo mezz’ora ci eravamo già rotti le palle. Pompei è eterna, fascinosa, evocativa, un frammento importante della storia italiana, e di quella più prettamente legata all’Impero Romano. A noi tuttavia ricordava una forma ancestrale delle nostre case popolari: mosaici pacchiani, rovine, puzza di piscio e cazzi disegnati in ogni dove. Certo, c’è differenza tra un cazzo a bomboletta e un affresco romano, ma il senso non cambia. Ricordo le amiche della tizia che mi facevo, ed erano tutte uguali. Vestivano da fan di Bob Marley, parlavano come groupie di Che Guevara, e spendevano come fossero figlie del Cumenda (Guido Nicheli per i profani). Ma adoravano i Timoria. Adoravano Viaggio senza vento, e ne conoscevano tutti i brani, anche quelli di cui nessuno si ricorda più. C’era qualcosa di meraviglioso in 4 sedicenni quasi-semi-intonate che cantavano “qualcosa di mio lo lascerò, in questo mio tempo”. C’era qualcosa di meraviglioso nel tono candido delle loro voci. Erano malinconicamente felici, o felicemente malinconiche.

Quelle voci le ho ancora in testa, e sono passati vent’anni. Le vedo lì, sedute al sole, incurante delle tonnellata di storia a cui stavano dando le spalle, dei secchioni che facevano le foto e dei segaioli che le guardavano il culo. Cantavano, si sentivano la generazione senza vento. E se vedo dei sedicenni, penso a quelle quattro ragazzo. Una di loro la vedo ogni tanto. È ancora carina, e scopa anche discretamente. Ascolta dance anni 90, euro-dance per la precisione, molto fuori moda. Ma è questo che mi affascina delle persone fuori moda, che una volta lo fossero. O forse mi affascina il modo in cui mi succhia devotamente il cazzo, non saprei.

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