L’Argentina ha un fascino sportivo innegabile: Diego Armando Maradona, Juan Manuel Fangio, Emanuel Ginobili. Sono nomi che non puoi pronunciare con leggerezza, se no trema il pavimento e i muri cascano giù. L’Argentina è così lontana, così italiana, così affascinante quando pensi a Roberto Baggio che ci andava a caccia o Che Guevara che la girò in sella a una Norton.
Quando si arriva al GP di Argentina, parlando di motociclismo, ripenso sempre al 25 Ottobre 1998, all’ultima curva della classe 250. Harada e Capirossi si stanno giocando il titolo, il giapponese è davanti ma a pochi metri dal traguardo l’italiano lo abbatte. Capirex è campione del mondo, e si scatena una violenta polemica che porterà al licenziamento del #65.
Mi manca Capirossi, mi manca perché è stato davvero un personaggio fuori dalle righe. In Ducati ha scritto una delle pagine più belle del motociclismo professionistico, vincendo gare improbabili in modo quasi impossibile, spesso con l’anteriore che oscillava a ogni uscita di curva o il posteriore che provava a disarcionarlo in accelerazione.
Capirossi è quello del pugno di Hans Spaan a Gresini, del doppio mondiale al debutto in 125 (unico nella storia recente e unico prima dei 18 anni), del titolo mancato nel 1993 o nel 2006, quello che faceva la differenza con una 500cc in mezzo alle moderne MotoGp. Tifare Capirossi significava non aspettarsi il mondiale, ma qualche exploit improvviso dettato dal talento. Capirossi era quello più forti di tutti, che poi cadeva… o almeno era ciò che mi piaceva pensare all’epoca.
Solo Stoner ha acchiappato un testimone altrettanto affascinante, con storie familiari simili e un medesimo carattere spigoloso, antimediatico. L’Argentina la associo a Capirex, il pilota del non-si-può-fare-ma-lo-faccio-uguale, e al povero Harada che finisce per terra, alla vittoria in gara di Valentino Rossi in un mondiale che il pesarese avrebbe potuto vincere.
Argentina, occasione speciale per rileggere gli ordini di arrivo, e ritrovare Mick Doohan, John Kocinski, Nori Abe, il “sardo” francese Regis Laconi, il mitico Simon Crafar, ma anche i Mc Williams, Vincent o Sakata, che all’epoca riempivano i teleschermi con il loro imprevedibile talento. Capirossi è stato appunto l’ultimo degli imprevedibili, e il primo dei Golden Boy del motociclismo europeo. Poi sono arrivati Rossi, Melandri, Pedrosa, Lorenzo, Marquez o Vinales, ma appunto, poi…
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