Kill All The White Man – Ep. 02

Il mio nome è Karen Jackson e tutto ora procede al rallentatore, come in uno scontato film per adolescenti canadesi interpretato da uno dei tanti cloni di Rachel McAdams. Il dj efebico alla radio, l’appuntamento per conto del Globe qui a Jamaica Plain, i trenta messaggi vocali della mia migliore amica xanax addicted, tutto investito dall’autobus di trentamila libbre che colpisce la mia Ford C-Max sul fianco sinistro, uccidendomi sul colpo. Lo spettacolo all’interno dell’auto è talmente inquietante che servirebbe l’intervento di Mister Wolves. Eppure due passanti si succhiano l’uccello a vicenda affermando che bisogna chiamare subito i paramedici, che non bisogna toccarmi e che, se nessuno si improvvisa infermiere solo perché ha imparato a disinfettare una ferita tramite Wikihow, possono ancora salvarmi. Nel dubbio, una delle tante Esmeralda Juanita Sofia del quartiere si segna e recita una preghiera in spagnolo. Non può però nulla il suo dio portoricano specializzato in World Series di baseball, così come è inutile l’arrivo di un ambulanza guidata da un fan dei Patriots che si è tatuato la data di nascita di Tom Brady sul polpaccio. Mezz’ora dopo mia madre piange in Post Office Square; mio padre cerca un biglietto aereo per rientrare da Columbus; le mie sorelle della ΚΑΘ anticipano le esequie religiose con quelle su Facebook, postando il mio sorriso ipocrita da fascio-stronza bianca. James, infine, ascolta I Don’t Wanna Miss a Thing ripensando al nostro primo bacio, quando ancora io stavo con Steve e lui con Cassandra Brown. Spero solo che ora a quella stronza bulimica insicura fan dei Jonas Brothers non venga voglia di consolarlo; o che, ancora peggio, non racconti sui social che eravamo amiche.(continua)

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