La gioviale attitudine al Blowjob di Miss Mary Chesterfield da Shurdington.

Senza titolo

Da piccolo mi appassionai alla tassidermia. Fu colpa del mio vicino di casa, Mister Edgar Alain Prost, che si fece venire un infarto nel marciapiede che affiancava la mia adorata Sir Fred Stuart Montgomery’s Street. E. A. Prost era il maniscalco locale, e pensai che il suo decesso avrebbe comportato perdite alla vendita di cavalli. Sbagliavo, l’industria locale del porno ingaggiò un nuovo abile maniscalco.
Tornado a quel giorno, il corpo inerme di Mister Prost, circondato da passanti preoccupati soprattutto che non piovesse e lo spaccio locale non finisse le riserve di tè, stuzzicò le mie fantasie. Sarebbe stato bello imbalsamare quel poveraccio, trattarlo come un papa o un vecchio faraone, e rendere immortale la spettacolare e ineccepibile mortalità di quel momento. Chiesi cortesemente il permesso di portarmi a casa quell’ammasso ormai inservibile di tessuti e organi prossimi alla decomposizione. Ma il poliziotto locale, Stg. Paul John George Ringo Pepper, scosse il capo.
«Non posso permetterlo», affermò con voce severa e paterna. «Prima dei tassidermisti, vengono i necrofili. Rispettiamo le precedenze, dioccane. E poi quel corpo è ancora caldo: sai quante settantenni adorano godersi l’ultima erezione di un cadavere? Rispetta le precedenze kid, rispetta le fottute precedenze, diopporco. Innanzitutto, le precedenze. Gadseivdequin!».
Al terzo “le precedenze” annuii. Mi sentii inerme e per certi versi preso in giro. Ero troppo giovane per il sesso. Sapevo di amici di amici di altri amici che sodomizzavano i feretri al Black Label Morgue cittadino, spesso prima del tè; ma io non avevo esperienza in merito, né conoscevo il sesso diverso dalla masturbazione. Inoltre, non avrei certo sprecato la mia prima volta con un cadavere. Tra l’altro a Shurdington, il nostro villaggio nella contea del Gloucherstershire, Tewkesbury Borough Council, era consuetudine ormai millenaria essere sverginati da un sacerdote cattolico irlandese, preferibilmente alcolizzato. Era un’usanza a cui tenevamo in parecchi, quanto le risse al pub e l’assegno di disoccupazione dopo il diploma. Non mi piaceva dunque discostarmi eccessivamente dalle tradizioni locali: temevo di figurare un reietto, o peggio ancora un sovversivo.
Carpito da questa, ma anche da molte altre preoccupazioni, decisi di fare due passi per la campagna circostante. Dove altro sarei potuto andare? Attorno c’era solo campagna e altra campagna. E pecore. E allevamenti di cavalli. E altre pecore.
Vagando, fumando una Winston rubata dal pacchetto paterno, portando a spasso la mia faccia presuntuosa condita dall’insolenza da undicenne, raggiunsi una vecchia casa che apparentemente sembrava abbandonata. C’era un enorme giardino a circondarla, anche se caratterizzato da piante secche, erbacce e quello che sembrava il rottame di una vecchia Aston Martin Ulster. La costruzione in sé era piuttosto inquietante: finestre con telai tarlati e vetri rotti; intonaco esterno completamente grattato via da incuria, intemperie e umidità; una grossa falla sul lato Nord Est della copertura. Quel luogo sembrava voler implodere su se stesso, ma mai senza schiacciare almeno quattro o cinque persone.
Varcai il cancello, sperando di individuare qui o là qualche rivista porno abbandonata. Capitava spesso di trovarne, in particolare in luoghi abbandonati. Avevo già il cazzo duro all’idea di farmi una sega, ma la porta della casa si aprì. Apparve una donna. Avrà avuto una ventina d’anni per gamba, e almeno altri trenta sul viso. Il suo volto era scavato, come se fosse affetta da tifo, tubercolosi: in realtà non dormiva da settimane.
«Cosa cerchi?» mi chiese con voce catarrosa.
Sollevai le spalle. Eppure la mia erezione parlava per me.
La donna allora, Miss Mary Chesterfield, si tolse la dentiera e mi raggiunse.

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