S(ado)m(asochismo) o S(ega)m(entale)

La prima volta è stato un semplice “hai da accendere?”
La seconda un “ci siamo già incontrati?”
Quindi “ancora tu?”
E infine “Valentina, piacere. Ma forse ci siamo già presentati!”
Segue un “ok!” alla proposta di un caffè.
E infine, ovviamente, il caffè.
La peggior caffetteria di Cagliari, ma la cameriera più cortese del pianeta.
I soliti discorsi sull’università.
Attendere che la parola “fidanzato/ragazzo” venga o meno fuori.
Eventualmente domandare in modo indiretto la presenza di qualcuno nella sua vita.
L’alzarsi per andare a pagare, che oggi a quanto pare è un atteggiamento sessista, ma a me fa piacere ugualmente.
L’explicit “la prossima volta offri tu!”
La prossima volta che è una passeggiata al parco. – open SM
Un tentativo di bacio, piuttosto maldestro. Non era il momento forse, o non è quella giusta probabilmente. close SM
Metterla sul discorso “che musica senti?”, così cacofonico nella pronuncia e così arrendevole nella sostanza. Parlare di musica a un appuntamento è come farsi una sega durante una scopata, certifica l’assenza di opzioni valide.
Pensare di non chiamarla più, sparire, limitarsi agli auguri al compleanno e qualche like sui social network, quando li inventeranno un domani.
Concentrarsi sull’esame, deconcentrarsi dall’esame, concentrarsi ancora, deconcentrarsi, come ballo di un’eterna estate di fancazzismo.
– open SM Immaginarla sorseggiare il caffè e sorridere, e sorridere close SM –; – open SM immaginarla succhiare un cazzo ed eccitarsi close SM –, arrabbiarsi.
Nel frattempo smetto di fumare, incontro altre donne, adotto un gatto e mi ammalo: scopro di essere allergico ai felini, intollerante alle altre donne, e che la mia forza di volontà è inferiore al desiderio di tabacco.
Così ancora una volta al distributore automatico, per un pacco di Winston, tanto per sentirmi un Kurt Cobain non troppo più allegro, ma decisamente più vivo.
«Ancora tu?»
Sempre sola, sempre angelica nel modo di sorridere, sempre imbarazzante con quel grosso seno che nemmeno le felpe larghe riescono a celare. «Sei arrabbiato con me? Non ti sei più fatto vivo!»
E sentirsi illuminati da un qualche angelo custode pagano, un dio onnipotente della risposta pronta e del bocchino sicuro, l’eterea figura metafisica che protegge noi viandanti nei distributori automatici di sigarette. «Mi interessavi», ammetto con la franchezza da “tanto non ci vedremo più in futuro”, scostandomi in modo che possa comprare le Camel, se non ricordo male. E mentre inserisce le monetine nell’apposita fessura, non mi resta che completare la mia confessione: «e quando hai respinto il bacio, mi sono tirato indietro»
«Quando hai provato a baciarmi?»
Ed è questo il mio problema. Spesso ricordo cose che non ho fatto. O meglio, ricordo gesti che non ho avuto le palle di compiere, convinto di fallire. Per mia fortuna ho smesso di fumare… coff coff!

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